lunedì 7 giugno 2021

ANTONELLA NON FU LA SOLA. 05 - Mattino presto

Eravamo in pieno inverno e la neve non sembrava volerci lasciare. Io e la mia collega ci incontrammo a piedi in altre due o tre occasioni. In questa, che sto raccontandovi, caso volle che facemmo lo stesso turno di mattina presto.



Una volta incontrata la salutai cordialmente. Sul suo viso rosso per il freddo un sorriso di circostanza.



Mi affiancai a lei riprendendone la camminata con la mia fotocamera.



Sebbene sapessi di registrarla, di potermi rivedere in seguito quella camminata, non riuscivo comunque a distogliere lo sguardo dai suoi stivali. Vedere poi la neve che in parte le si accumulava sulla punta delle calzature era davvero divertente.



Quando attraversammo un pezzo di strada in cui la neve era molto bagnata, il classico “ciak ciak” risuonava nelle mie orecchie come una melodia.



Immaginavo i suoi piedi la dentro, intenti a sudare belli al caldo mentre fuori si congelava. Mi faceva venire così tanta voglia di sfilarle gli stivali ed annusarle piedi e calzature.



Più camminavamo e più ci trovavamo dinnanzi a una poltiglia sull’asfalto. I nostri passi schiacciavano la neve e facevano si che insieme all’acqua schizzasse sulle scarpe. Come si può notare nella foto, il collo e la punta degli stivali risultava all’immagine più brillante proprio a causa dell’acqua che si depositava sopra.



Ciò però sembrava non preoccupare la collega che procedeva spedita verso il lavoro.



Mi chiedevo se gli stivali avessero già ceduto, se all’interno di essi la ragazza percepisse già il bagnato oppure se fossero ancora integri e la proteggessero da quell’acqua gelida su cui procedevamo. Volevo assolutamente saperlo.


Arrivammo poi al lavoro. Incominciammo a svolgerlo probabilmente con pensieri e auspici differenti. Io non vedevo l’ora di intrufolarmi nello spogliatoio per mettere le mani su quegli stivali mentre lei invece voleva forse fare solo bella figura e dare una buona immagine di se, facendo le sue mansioni al meglio come era noto a tutti. Quando riuscii ad assentarmi ecco quello che appurai.



Appena presi gli stivali in mano mi accorsi quanto fossero umidi esternamente.



E pure all’interno erano come me li aspettavo. Umidi di sudore.  



La suola si stava scollando, agevolata dalla tanta acqua di cui probabilmente era imbevuta. La pellicina esterna delle calzature idem mentre all’interno ancora qualcosa si salvava, di certo non l’odore che si si era accumulato.



Sebbene temessi di poter essere scoperto, a seguito di quell’incontro non voluto con l’altra collega appena fuori dallo spogliatoio femminile, ero così eccitato nel maneggiare quegli stivali che presi coraggio e me li portai in bagno. Una volta calati i pantaloni avevo il cazzo così duro che dovevo dargli assolutamente sfogo. Non pensandoci su due volte mi infilai uno stivale come un guanto cominciando a masturbarmi come un forsennato.



Dopo aver strofinato per bene il pene all’interno della calzatura decisi di passare all’esterno di essa. La pelle dello stivale era così morbida e ancora umida che lo sfregamento era davvero piacevole. Agevolato dal fatto che quelle scarpe fossero in pessimo stato, non usai alcun ritegno, stringendo più che potevo gli stivali intorno al mio cazzo, quasi con rabbia.



La voglia di degradare quegli stivali era così forte in me che poco dopo, anche se non c’è ne sarebbe stato bisogno poiché il mio cazzo ci scivolava sopra benissimo, decisi di sputarci sopra.  



Andando a raccogliere la saliva con la cappella mi misi quindi a spalmarla sull’esterno della calzatura e come si può notare in una di queste foto, dall’effetto lucido, sembrava stessi facendo un buon lavoro.


Non mi rimase allora che scaricare tutto lo sperma che avevo nelle palle dentro lo stivale. Fu una liberazione, avevo infatti accumulato davvero tanta eccitazione che non mi avrebbe consentito di lavorare serenamente per il resto del turno. Purtroppo preso dall’ansia, dalla fretta e forse da un pizzico di paura riportai gli stivali nell’armadietto senza immortalare il risultato della sborrata. Dopo quel giorno non ebbi più modo di vedere quelle calzature, probabilmente anche il ritorno a casa fu devastante per loro visto che piovve davvero tanto. L’acqua, la neve e la mia selvaggia masturbazione avranno fatto si che la pelle e la suola cedessero in tal modo che per la proprietario non c’era altra soluzione che buttarli. Almeno la mia collega si è fatta un’ultima camminata con i piedi in ammollo nel mio liquido seminale.

 

 

Fine.

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