venerdì 13 settembre 2019

GLI STIVALI SBAGLIATI PER UN’ESCURSIONE IN MONTAGNA. 02 - Il mio sfogo


Avevo il cuore a mille e il pene completamente duro mentre stavamo lasciando la zona dell’escursione. Aver assistito alla camminata difficoltosa di Francesca, culminata nello sfilarsi gli stivali rosa mi aveva eccitato in maniera bestiale.
Decisi così di portarla a casa mia con la scusa di riposarci e bere qualcosa di fresco. Volevo terribilmente rivedere i suoi piedi fasciati da delle calze di nylon color carne, così le dissi se poteva togliersi le calzature prima di entrare in casa. Lei mi disse come non dovevo nemmeno chiederglielo visto che i piedi le facevano male da morire e l’avrebbe quindi fatto da sola.
A quel punto ne approfittai prendendo i suoi stivali e portandoli in bagno. Lei non fece alcuna obiezione e andò immediatamente sul divano per riposarsi.




Appoggiai gli stivali a terra non appena entrai nel bagno.  




Con la mia macchinetta fotografica incominciai a fotografare i dettagli delle calzature. La mia attenzione si focalizzò immediatamente sulle suole e sui tacchi. Erano evidenti i segni di sporco dovuti al terreno sterrato che avevamo percorso.



Avendoli comprati io stesso potevo ben notare la differenza che vi era rispetto a quando erano immacolati. Ora tracce d’erba e terriccio caratterizzavano non solo la suola ma anche la tomaia esterna.


Mi dedicai quindi a controllare il secondo stivale, quasi dimenticandomi di Francesca a cui non avevo nemmeno detto che me ne ero andato in bagno. Mi ero semplicemente allontanato da lei, e una volta rimasto solo con le sue calzature, di lei quasi non mi stava più importando. 



Fui estasiato nel vedere cosa era rimasto appiccicato sulla suola del secondo stivale esaminato. Non credevo ai miei occhi.



Il pene mi stava letteralmente scoppiando nei pantaloni e non avevo alcuna intenzione di reprimere la mia voglia.


Venne quindi il momento di visionarne l’interno. Lo stivale sapeva ancora di nuovo, tuttavia la pelle interna era decisamente umida.


Afferrai uno stivale e lo portai sotto al mio cazzo che ormai avevo iniziato a masturbare con foga.



Non mi ci volle molto per venire dentro lo stivale.



Abbondanti schizzate di sperma fresco si riversarono nella calzatura.




Mentre venivo scaricavo non solo sborra ma anche tutta la rabbia repressa che avevo nei confronti della mia ragazza.




Forse sarei potuto andare da Francesca sul divano, tentare un nuovo approccio a cui magari lei avrebbe ricambiato ma non potevo rischiare nell’ennesimo respingimento. Quindi, avendo quelle delizioso calzature a portata di mano, preferii dedicarmi a loro e se poi, una volta raggiunta la mia ragazza sul divano, lei avesse voluto fare qualcosa, beh, state tranquilli che non sarebbe stato un problema.



Culminai la sborrata strusciando la cappella gonfia del mio cazzo sulla pelle morbida interna dello stivale così per macchiarlo ancor di più.



Appoggiato lo stivale su pavimento volli dare un’occhiata a quanto fatto.


Soddisfatto, prima di raggiungere la mia ragazza, decisi di lasciare la calzatura intrisa di fresco sperma li sul pavimento, quasi con la speranza che Francesca se ne accorgesse quando sarebbe stato il momento di rimetterla. Forse sarebbe stata la scintilla che avrebbe dato una scossa al nostro rapporto.


Fine.

GLI STIVALI SBAGLIATI PER UN’ESCURSIONE IN MONTAGNA. 01 - Gli stivali rosa di Francesca


Conobbi Francesca attraverso un’amica, che me la presentò subito sperando ci mettessimo insieme. Devo dire come ottenne quanto sperato ma con non poca fatica. Lo ammetto, Francesca non era convintissima di noi e per fidanzarci ci volle davvero un bel po’ di tempo. A me piaceva molto quella ragazzina minuta, mora, con un visino angelico, scarsa in forme ma sexy ed accattivante nel vestire e pertanto fui molto paziente nel corteggiarla.
Quando visitai per la prima volta casa sua notai come avesse una specie di cabina armadio piena di scarpe, tutte riposte nelle loro scatole originali e con una calzatura che spuntava fuori dalla confezione in modo da poterla riconoscere subito. Questa però è un’altra storia e avrò modo di raccontarvela, non preoccupatevi. Oggi invece vi parlerò di un regalo che le feci, ovvero di un paio di stivali scamosciati di colore rosa e con un delizioso tacco non troppo alto. Frequentando la ragazza scoprii quasi subito, infatti, la sua passione morbosa per il colore rosa. Non solo indossava abbigliamento di quel colore ma pure delle decollete che la rendevano davvero eccitante. Non avendo alcun paio di stivali nel suo guardaroba, e avendone notati un paio favolosi nella vetrina di un negozio di scarpe, decisi di omaggiarla e beneficiarne al tempo stesso.
Quando le regalai le calzature che avevo comprato, rammento come Francesca fu molto felice essendo del suo colore preferito, tuttavia non mi diede la ricompensa che speravo. Così ammetto come mi incupii un po’ visto che con lei le cose non andavano benissimo nel rapporto e dal punto di vista sessuale non eravamo mai andati oltre ad effusioni, baci, carezze e qualche palpatina.
Un giorno che andai a prenderla con la macchina, la vidi uscire dal portone del condominio in jeans a vita bassa, t-shirt che lasciava scoperto l’ombelico e stivali rosa. Vedendola mi venne spontaneo pensare a come vestisse da troia, peccato però che pareva non esserlo nell’animo. Dopo i saluti di rito e un bacio di circostanza notai l’ennesima freddezza in lei. Tuttavia non volli darmi per vinto e così mi diressi in montagna, presso un posto appartato che conoscevo vicino ad un luogo dedicato ad escursioni. Il mio chiaro intento era quello di appartarmi con la mia fidanzata per farci qualcosa sessualmente visto che il suo look aveva risvegliato il mio membro.
Giunti al posto che mi ero prefissato però le cose non andarono come avevo sperato. Alle mie avances Francesca rispose di non sentirsi ancora pronta. Eravamo entrambi vergini e fidanzati da poco più di due mesi ma io avevo voglia di sperimentare con lei, cosa che evidentemente non era ricambiata. Essendo la temperatura in macchina divenuta rovente e per allontanarmi da lei, la ragazza decise di scendere dal veicolo proponendomi di fare una passeggiata nel bosco adiacente.
Mi guardai intorno e poi fissai le sue gambe fasciate da jeans e stivali. Pensai come sarebbe stato difficoltoso per lei affrontare il sentiero ma poi ritenni opportuno evitare di dirglielo. Non voleva darmela, si voleva fare una camminata coi tacchi nello sterrato, erano affari suoi se si sarebbe slogata una caviglia. La cosa cominciò a frullarmi nella testa e a divertirmi, così estrassi la mia fotocamera e le dissi che era una buona idea, e che ci saremmo potuti fare delle foto assieme.
A quel punto ci incamminammo per il sentiero.




Qua sopra potete vedere il terreno che iniziammo a percorrere. Dopo aver scattato questa fotografia lasciai andare avanti pochi passi Francesca, in modo da poterla riprendere mentre camminava con la mia macchinetta fotografica.





Ora finalmente potete osservare gli stivali di cui vi stavo parlando.




Francesca, abituata a camminare coi tacchi sembrava molto sicura di se e non preoccupata per niente per il terreno che devo ammettere come in quel tratto fosse poco accidentato.





Mentre ci addentravamo nella boscaglia mi chiedevo se il terreno sarebbe peggiorato, in realtà ci speravo.




Ad un tratto il sentiero apparve più largo ma con una pendenza.





Mi misi così dietro la mia ragazza in modo da meglio immortalare la salita coi suoi stivali. Nell’ultima immagine potete persino notare il tacchetto bianco delle calzature.




Da questa immagine potete notare la salita, agevolata in parte dalla presenza di gradoni ricavati nel terreno.




Vedendola arrancare un passo dopo l’altro con quegli stivali mi chiedevo se Francesca si stesse pentendo di aver optato per la camminata anziché copulare in macchina.





Fu ancor più divertente poco dopo vederla alle prese con una discesa. In quel momento andò davvero in crisi. Sentii prima i suoi tacchi sfregare contro la roccia e poi la voce di Francesca che mi pregava di aiutarla. Non le negai il soccorso ma prima, come potete vedere, immortalai la sua difficoltà.




Lasciataci alle spalle la zona più scoperta cominciammo ad addentrarci in quella boschiva.




Continuavo a rimanere dietro a Francesca visto che il sentiero non permetteva di rimanere fianco a fianco. In quel modo avevo la continua opportunità di riprendere la sua camminata.





Ad un tratto la ragazza commise l’errore di andare col piede destro su una roccia liscia sporgente.





La suola dello stivale destro scivolò improvvisamente facendole quasi perdere l’equilibrio. Ma Francesca fu fortunata a rimanere in piedi. Continuò imperterrita a discendere il percorso alquanto stizzita visto che alla mia pronta domanda se si fosse fatta male mi rispose seccata di no.




Poco dopo quando Francesca si fermò per notare quanto fosse profondo il dirupo che costeggiavamo ne approfittai per immortalare i suoi stivali, diciamo a riposo. Ella rifiatò chiedendomi se sapevo dopo ci avrebbe portato il sentiero. Le dissi di no e che non ci restava che scoprirlo. Mi rispose come sperasse che non mancava molto. Immaginai a quel punto che gli stivali col tacco stessero cominciando a farle dolere i piedi.





Ci rimettemmo quindi in marcia percorrendo una salita.





Una volta giunti alla sua sommità trovammo un punto panoramico ove fermarci. Notai Francesca riprendere fiato e cercare altresì di sgranchirsi le caviglie.





Mentre fingevo di godermi il panorama non staccavo gli occhi dalle sue calzature. Il mio pene stava indurendosi perché in me stavano facendosi spazio i desideri più hot che potessi avere. Avrei voluto spingere Francesca contro quella palizzata, abbassarle i jeans e prenderla da dietro come si meritava.





Venne però poi il momento di riscendere i gradoni.





Era davvero eccitante vederla scendere quel terreno insidioso con quegli stivali. Ci metteva tutta la prudenza del caso, ma ad ogni passo mi chiedevo se le sue caviglie prendessero delle storte, anche lievi, ma che a lungo andare le avrebbero procurato dei fastidiosi dolori.





Per arrivare ad un nuovo punto di osservazione percorremmo un tratto ancor più insidioso che mise a dura prova la mia povera fidanzata la quale cominciava a spazientirsi sbuffando e maledicendo il terreno.





Ogni pausa era per Francesca un sollievo ma io non volevo dargliene troppo così poco dopo le ordinai di rimetterci in cammino.





Sebbene il terreno fosse asciutto, i tacchetti degli stivali sprofondavano spesso in esso.





Mi aspettavo da un momento all’altro una caduta o una storta da parte della ragazza.





Per quanto mi riguarda evitavo di darle qualunque aiuto limitandomi a filmare la sua camminata.





Il sentiero sembrava essere infinito a differenza della pazienza di Francesca che cominciò a chiedermi di tornare indietro.





Le chiesi per quale motivo, facendo il finto tonto mentre stavamo attraversando un ciottolato.





A quel punto non fece in tempo a rispondermi che prese una violenta storta alla caviglia destra.




Francesca si era fermata e io dovetti nascondere la macchina fotografica poiché i suoi lamenti ben presto furono uditi anche da un escursionista che poco dopo ci raggiunse. L’uomo era vestito da trekking e portava con se uno zainetto. Non appena indirizzai il mio sguardo su di lui, notai che avvicinandosi si levò gli occhiali da sole e i suoi occhi puntavano direttamente sugli stivali di Francesca. Notando come la mia ragazza si stesse massaggiando la caviglia, l’uomo le chiese se si fosse fatta male. Dopodiché si mise a rimproverarla, dicendole cosa le fosse venuto in mente di indossare quegli stivali in un luogo come quello. Francesca imbarazzata non gli rispose nulla. Decisi di intromettermi buttando altra legna sul fuoco. Dissi all’uomo come eravamo venuti per cercare un posto isolato in cui stare un po’ soli e non certo fare un’escursione in montagna. La mia allusione a qualcosa di sessuale fu recepita come speravo dallo sconosciuto che guardò Francesca con maggiore malignità. Ripose quindi come avesse immaginato bene e come quello non fosse il posto adatto per fare certe cose. Accompagnando un braccio intorno alla vita della mia ragazza che era rimasta senza parole riprendemmo la strada. Diedi un paio di palpate al sedere di Francesca mentre ci allontanavamo, sicuro che l’escursionista non se le sarebbe perse.





Quando ci fummo allontanati abbastanza tornai a filmare gli stivali della mia ragazza.




Ci rimaneva da percorre un ultimo prato prima di fare ritorno alla macchina.





Francesca non parlava, evidentemente in un forte stato di nervosismo e imbarazzo. Così fui io a tornare sull’argomento. Ma chi si credeva di essere quel tipo per giudicarci le dissi e a quel punto lei si lasciò andare: “Che figura di merda!”. Con un ghigno sul volto le risposi come se non avessi capito cosa intendesse. Perciò mi rispose: “Non dovevamo venire, almeno non vestita così”. Replicai nuovamente: “Amore fregatene, e poi che c’è di male, io ti trovo davvero sexy con quegli stivali”. Francesca concluse dicendo come non vedesse l’ora di toglierseli.




Finalmente poco dopo raggiungemmo la tanto agognata macchina. L’escursione era finita.




Quando ormai pensavo fosse tutto terminato, Francesca al posto di salire in macchina si sedette su un muretto vicino. Le chiesi cosa stesse facendo e lei mi disse come voleva disperatamente levarsi gli stivali.





Rimasi stordito ed incredulo a quelle parole. Ma pochi istanti dopo la vidi sfilarsi il primo stivale. Ero estasiato e allo stesso tempo cercai di rimare concentrato per immortalare quel momento ma temevo che Francesca potesse accorgersene e scoprire il mio feticismo.





Ammetto come le foto rubate dei suoi piedi non sono un granché ma rivendendole posso rammentare facilmente lo stato d’animo di agitazione che mi governava in quel momento. Cercai di fare il mio meglio per scattarle. Avrei voluto che mi avesse chiesto di massaggiarle i piedi doloranti ma Francesca non lo fece. Rimase per alcuni istanti ferma a far riposare le stanche dita dei piedi senza rivolgermi la parola. Io invece ero quasi intimidito e così non le chiesi alcunché. Poco dopo la vidi rimettersi gli stivali e quindi venne per noi il momento di lasciare la montagna.


continua...