domenica 9 gennaio 2022

KENISHA

Kenisha. Era questo il nome della prima ragazza africana che conobbi. Aveva origini del Mali e non era affatto male. Quello che però mi interessava più di tutto erano gli stivali che indossava e che una sera ebbi modo di immortalare dopo che eravamo usciti assieme a prendere un drink.  



Come potete vedere erano marroni e in pelle. Le arrivavano appena sotto al ginocchio e avevano una piccola zeppetta.




La ragazza li usava unitamente a dei leggings grigi quella sera.



Lei si guardava in giro ma io faticavo a distogliere lo sguardo dai suoi stivali e così continuavo a fotografare.




Ci portammo nei pressi di un monumento durante la nostra camminata e così alternavamo momenti di moto a quelli di pausa.




Sembrò avere qualche difficoltà nel camminare su quei ciottoli.



Intorno al monumento c’erano delle aiuole e così, con la scusa di accorciare il percorso per raggiungere delle panchine su cui le avevo proposto di sederci, la diressi sull’erba.




Avendo nevicato un mese prima c’erano ancora residui di neve qua e la che la ragazza ovviamente provava ad evitare.




Vedere lo spazio che le formavano quelle calzature intorno alle gambe contribuiva ad eccitarmi. Avrei avuto voglia di allungarci dentro le dita per sfiorarle i polpacci.




Sebbene non volesse alla fine fu costretta a camminare nella neve. Il rumore dei nostri passi risuonavano nel silenzio della notte.




Mentre camminavamo sull’erba alzai lo sguardo su di lei notandola guardarsi i piedi. Ci teneva ai suoi stivali e probabilmente pregava di non sporcarseli ma io invece desideravo proprio l’opposto.  



Quando uscì dal prato sembrò tirare un respiro di sollievo.


Allora ci sedemmo su una panchina in pietra.



Come lei non smetteva di parlare, era infatti una ragazza molto loquace, io non interrompevo di immortalare le sue calzature.




Quando Kenisha accavallò le gambe poco dopo rimasi estasiato da quello che vidi. Quegli stivali così poco distanti da me erano troppo belli e troppo invitanti.




Nella mia testa convulsi pensieri si facevano strada, fomentati dagli ormoni che erano a mille.




Le oscenità a cui stavo pensando e che tra poco vi racconterò rimasero per un momento congelate vedendo i resti di neve sotto le suole dello stivale di Kenisha.




Come avrei voluto tirarmelo fuori e mostrarlo alla mia amica. Dopodiché, scusandomi, glielo avrei sbattuto in completa erezione sullo stivale e quindi avrei preso a sfregarlo su e giù lungo il gambale, cercando di marchiarglielo con il primo liquido seminale che andava a formarsi.  



Anche quello sgranchire la caviglia non faceva che alimentare il mio desiderio di allungare le mani su quella calzatura e afferrarla all’altezza del tallone per sfilarla. Ma come il precedente pensiero anche a questo dovetti rinunciare e lasciarlo esclusivamente un sogno irrealizzato.




Il rialzarci per il freddo troppo pungente mi fece tornare alla realtà ma senza smettere di immortalare gli stivali marroni.




Ci rimettemmo quindi in marcia per la strada.



Quegli stivali erano davvero fantastici e il rumore che faceva la zeppa del tacco era unico.




Quando poco dopo vidi un terreno leggermente fangoso feci in modo di portarci la ragazza.




Parlandole del più e del meno riuscii a portarla dove volevo.




La vedevo un po' in difficoltà e così decisi di spingermi oltre e portarla nuovamente in un prato li vicino.




Anche questa volta riuscii a riprenderla davvero bene. Distratta nello scattare alcune fotografie all’ennesima statua, io ne approfittai per immortalare le sue calzature. Quel primo piano di quel lato dello stivale era un richiamo per una bella schizzata. Già, delle belle macchie bianche la sopra ci sarebbero state davvero bene.




Più la guardavo e più la desideravo.



Chissà come sarebbe stato bello osservarla una volta a casa togliersi gli stivali. Chissà se Kenisha indossava dei calzini la dentro oppure era così spregiudicata da starci a piedi nudi. Chissà se emanavano un forte odore di piedi e sudore oppure erano nuove quelle calzature. Quante domande, troppe forse e purtroppo tutte prive di risposta.




Ecco le due ultime foto che ebbi modo di scattare della passeggiata con Kenisha. Purtroppo ebbi la sensazione che la giovane si fosse accorta di quanto stavo facendo. Il suo sguardo infatti andò per un attimo alla mia mano che maneggiava la macchina fotografica. Così con fare repentino la riposi nella tasca posteriore dei miei jeans e decisi che ne avevo abbastanza. La ragazza sfortunatamente non mi invitò a casa sua e così come pocanzi detto non potei vederla levarsi gli stivali e nemmeno ficcarci il naso o il cazzo dentro.

 

 

Fine.