Sebbene quelli che vi sto per
mostrare sono degli stivaletti molto simili a quelli in uso ai pugili, la
proprietaria di queste calzature era tutt’altro che una boxeur. Mi ero preso
una cotta per lei solo vedendola al liceo. Si trattava di una moretta, riccia,
alta circa 1,65 dal fisico non longilineo ma con delle curve niente male. Aveva
un bel balcone sul davanti e un culetto a mandolino. Soprattutto aveva un viso
accattivante da cerbiatta. Mentre io frequentavo lo scientifico lei faceva le
magistrali. Non conoscevo il suo nome e non lo venni mai a sapere ma ogni
giorno, al suono della campanella, la vedevo entrare a scuola e per un annetto
buono con questi stivaletti.
Li portava solitamente con i jeans infilati dentro, parzialmente slacciati così che si allargavano in cima. Mi sparai davvero tante seghe quell’anno in suo onore finché un giorno decisi di agire.
Una mattina che la ragazza stava
svolgendo la lezione di educazione fisica in palestra, presi coraggio e mi
intrufolai nell’edificio nella speranza di mettere le mani sulle sue calzature.
Fui fortunato e così mi misi a scattare queste fotografie.
Gli stivaletti erano bianchi
con inserti neri e di una marca che non avevo mai sentito. Erano morbidi e più
li toccavo mi eccitavo. L’ispezione mi permise di appurare come fossero molto
usati e anche odorosi.
La soletta interna indicava il
numero delle calzature, un 38, e sia su di essa che lungo il breve gambale vi
erano residui di sudore che emanavano un odorino interessante. Erano proprio
come me li aspettavo. Stivaletti usati davvero molto, con il bello e il brutto
tempo. Passando i minuti mi immaginavo i piedi della loro proprietaria che ci
sudavano dentro durante le lezioni. Cosa avrei dato per averla come compagna di
classe per gustarmela quotidianamente.
Li avevo desiderati davvero
tanto e ora che li avevo a portata di mano era il momento di battezzarli. Non
li avrei rimessi al loro posto così com’erano.
Mentre mi stavo segando,
sapendo di dover fare in maniera veloce perché sarebbe potuto arrivare
qualcuno, decisi di rilasciare un po' di saliva dentro la calzatura. Quella
macchia mi fece accorciare i tempi della goduta.
Ci vollero infatti pochi
minuti per svuotarmi totalmente nello stivaletto che tenevo in mano. Affondai
dentro il mio cazzo perché volevo lasciare il mio odore all’interno e poco dopo
non resistetti più. Mentre schizzavo il mio sperma nella calzatura nella mente
avevo il viso della ragazza e immaginavo di averla in ginocchio dinnanzi a me e
ricoprirle il viso di sborra dopo un lungo lavoro di bocca.
Fine.