La protagonista di questa storia si chiama Gilda. Per arrivare a lei e ovviamente agli stivali che calzava devo partire da un po' prima. Tranquilli non andrò tanto in là, solamente a qualche ora prima quando mi trovavo in discoteca. Non ero impegnato a ballare ma a riprendere di nascosto, come meglio potevo, un paio di ragazze in stivali.
Ecco le calzature della prima ragazza che incontrai nel locale. Erano di colore bianco e con un bel tacco, penso fossero 5/7 cm.
Mi passò alle spalle per
raggiungere degli amici poco più in la.
Quando poi si mosse insieme alla sua compagnia decisi di seguirla. Mentre saliva le scale riuscii a catturare questa immagine dei suoi stivali.
Eccola passarmi nuovamente vicino.
Ora stava a un paio di metri
di distanza da me.
Qui invece la immortalai mentre era su dei divanetti con gli amici. Non riesco a capire se fosse o meno sulle gambe di qualcuno ma la posa era adatta ad una bella slinguazzata. Con il braccio sinistro, ripreso nella seconda fotografia, si potrebbe immaginare anche come sia andata a cercare il cazzo del suo amichetto. Un paio di sfregamenti, prima lievi e poi più decisi giusto da fargli capire quale potesse essere il post discoteca.
Eccola nuovamente nei miei pressi. Illuminata dalle luci blu del locale.
Non ricordo il perché ma dovetti interrompere di riprenderla. Lasciata la balconata e tornando al piano terra ecco che incontrai una nuova ragazza.
Anch’ella indossava degli stivali bianchi col tacco ma avevano uno stile più da camperos.
Stava ballando su degli scalini o comunque su di un piano rialzato.
Qui si notano meglio. Sebbene la parte superiore assomigliasse chiaramente a quella di un texano vista l’apertura classica a V, il tacco non era per niente grosso e squadrato. Era tutto l’opposto, finissimo.
Sebbene scarsamente illuminato riuscii a manovrare egregiamente anche lo zoom.
Con queste ultime due
fotografie della giovane posso dire di aver terminato l’antipasto di questa
storia.
Eccovi gli stivali
protagonisti di questo racconto. Si trattava di un paio di stivaloni stile
piratessa, in similpelle credo e di colore bianco. Colei che li indossava si
chiamava Gilda, era una ragazza più grande di me che conoscevo di vista perché
faceva la commessa in un supermercato che frequentavo. Fu inevitabile,
vedendola con quelle calzature darle della “scandalosa” che unitamente al suo
nome era il titolo di un film di parecchi anni fa.
L’incontro tra me e lei fu casuale. Ci eravamo fermati entrambi ad un distributore per prendere le sigarette. Fortunatamente per me l’apparecchio era fuori uso così proposi alla ragazza di provare quello di un baretto poco distante. Probabilmente in astinenza da tabacco Gilda non rifiutò accompagnandomi.
Estratta la fotocamera che avevo ancora in tasca mi misi a riprenderla mentre camminavamo. Qui, probabilmente illuminati da un lampione, si possono notare bene i suoi stivali.
Ad accompagnare le calzature vi era un vestitino svolazzante e dei collant.
Essendosi rimesso a piovere sfruttai alcuni tratti in cui vi era la copertura di qualche tetto per mettermi alle sue spalle e riprenderla quindi da dietro.
Le chiesi se fosse andata a
ballare, visto che il suo abbigliamento si prestava o a quello o un
appuntamento per chiavare. Mi rispose affermativamente dicendo di esserci
andata con delle amiche. Le chiesi ancora se si fosse scatenata e mi disse di
si, aggiungendo come non vedeva l’ora di andare a casa.
Cercai così di pensare a quanto dovessero essere sudati e puzzolenti i suoi piedi dentro a quegli stivali dopo la serata passata in discoteca.
Ne io ne Gilda avevamo un ombrello ma sembravamo entrambi non curarci della pioggia che scendeva.
Qui era probabilmente stata illuminata dai fari di un’autovettura.
Mentre camminavamo alternavo nel starle un po' a destra e un po' a sinistra, così da poter immortalare le sue calzature da entrambi i lati.
Questa immagine dove il
vestito risulta tagliato me la fa immaginare nuda con indosso solo quegli
stivaloni. Cazzo duro obbligatorio.
Mentre ci apprestavamo a
raggiungere il bar che le avevo suggerito la pioggia aveva iniziato ad
aumentare la sua intensità.
Faticavo a trattenermi dal dirle tutte le porcate che mi ispirava con quegli stivali addosso.
Sebbene fossero quasi le
cinque del mattino, il passaggio di una macchina ci dovette far attendere
l’attraversamento della strada. Ne approfittai per chiedere a Gilda se in
discoteca ci fosse stata parecchia gente. La ragazza mi disse di si e quindi
pensai a tutti quei ragazzi che sicuramente avranno saggiato il suo culetto,
palpandola più o meno delicatamente mentre ballavano con lei. Fissai il suo
vestitino e solo il rimetterci in marcia mi evitò di alzarglielo dal lembo
inferiore.
Portatomi nuovamente alle sue
spalle le ripresi gli stivali, concentrando i miei pensieri sullo spacchetto a
V che andavano a formare. Era un po' largo e durante la camminata ballava qua e
la.
Raggiungemmo poco dopo le
scale che ci avrebbero portato al bar.
Cercai di rimanere alle sue spalle per tutta la discesa godendomi le sue gambe.
Mi avventurai anche in questa zoomata per rendere meglio il concetto di prima. Più riguardo questa immagine e mi viene voglia di infilarle qualcosa in quello spazio tra gamba e stivale.
Eccola qui all’esterno del locale mentre, se non ricordo male, era intenta a sistemarsi i capelli bagnati e arruffati.
Le indicai la macchinetta dei tabacchi che si trovava all’esterno del bar, incastonata in una vetrata. Quando lei ci si avvicinò io mi godetti le sue belle cosciotte avvolte nei collant.
Qui era intenta a cercare il portafoglio all’interno della sua borsetta.
Da un lato ero dispiaciuto che il bar fosse chiuso. A dire la verità, per essere precisi, era una specie di bettola, gestito da orientali e con la maggior parte dei clienti che avevano un’età media di 70 anni. Chissà come si sarebbero mangiati Gilda con gli occhi.
Dopo aver preso le sigarette ci mettemmo comodi per alcuni minuti. O meglio, Gilda si sedette su una panca e prese a fumarsi una sigaretta. Io ovviamente non persi l’occasione di riprenderla.
Nel tentativo di far passare il tempo visto che la pioggia non sembrava voler cessare, Gilda ad un tratto si portò nei pressi di una specie di bigliardino. Io la ripresi ma a posteriori immaginai di farci ben altro. L’avrei infatti voluta abbassare con rabbia su quel gioco, sollevarle il vestitino sopra il culo e palpargli quindi le natiche con foga. Si sarebbe meritata anche un paio di belle sculacciate. Quindi sarebbe venuto il momento di abbassarle collant e perizoma, che presumo indossasse, fino agli stivali. Toltomi l’uccello dai pantaloni, senza perdere tempo glielo avrei conficcato in fica senza alcun preavviso facendola così sussultare. Mi sarei poi messo a scoparla subito con foga perché vestita così da porca era quello che secondo me voleva. Le avrei chiesto da quanti ragazzi si fosse fatta tastare in discoteca e mentre mugolava mi guardavo intorno notando la strada deserta. I nostri gemiti sarebbero stati smorzati dalla furia del temporale. La sua testa sarebbe andata a sbattere contro la macchinetta nel momento in cui le mie ultime spinte sarebbero state ancor più rabbiose. Esausto mi sarei accasciato sulla sua schiena mentre il liquido seminale avrebbe continuato a sgorgale dentro.
Ero davvero infoiato che faticavo a trattenermi. Più la guardavo e più avevo il cazzo in tiro.
Poco dopo ci spostammo per controllare le condizioni meteo. Il tempo passava e noi eravamo bloccati li.
Gilda cominciava ad essere
insofferente così decidemmo poco dopo di incamminarci per tornare alle
macchine sfidando la pioggia nuovamente.
La pioggia bagnava decisamente i suoi stivali come avrei voluto fare io col mio pisello.
A breve ci saremmo separati
così continuai a riprenderla. Speravo che lei volesse ringraziarmi in qualche
modo magari anche solo con un bocchino ma evidentemente o non ne aveva voglia o
non ero il suo tipo.
Provai anche con una battuta, le dissi infatti come sicuramente sarebbe stata fradicia ma lei mi rispose semplicemente di si. Peccato pensai.
Ed eccoci alla fine
all’asciutto. Entrammo per la sua gioia nel parcheggio semi coperto ove prima
avevamo lasciato le nostre macchine. Gilda era fradicia, dalla testa ai piedi.
Si lamentava per non aver preso la macchina e io le dissi come non mi sarei aspettato
di prendere tanta acqua in poche centinaia di metri. Le volevo chiedere se
potessi fare qualcosa per lei ma il telefono le squillò. Mi salutò così, con un
cenno prima di rispondere a quella che evidentemente era una sua amica. La
mandai a fare in culo col pensiero mentre mi avviavo alla macchina per andarmene.
Fine.